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Writer's pictureLeonardo Fresa

Nel Solco di Pietro

Il ruolo del Vaticano nel panorama internazionale



Stato della Chiesa e Chiesa Cattolica

Prima di addentrarci nello studio della geopolitica vaticanense, bisogna comprendere la differenza tra “lo Stato della Chiesa” e  “La Chiesa”. Mentre  il primo è un'entità politica, la seconda è un'entità religiosa. Lo Stato della Chiesa ha origine intorno al VII-VIII secolo dopo Cristo, in Italia, più precisamente nel Lazio, e perdurerà fino al 1870.

Spesso queste due entità (Stato della Chiesa/Città del Vaticano e Chiesa cattolica) vengono intese come un tutt’uno. La commistione tra entità politica e religiosa nasce dal fatto che a capo di entrambe vi è il pontefice. Infatti, il Papa è sia capo della Chiesa cattolica che capo della Città del Vaticano, salvo poi delegare i compiti prettamente politici ad alcuni collaboratori, come il Segretario di Stato.

È importante sottolineare che, mentre appartenere alla Chiesa cattolica ha un significato religioso, lo Stato della Chiesa è stata ed è tutt’oggi una realtà politica che coincide con un'entità territoriale. Lo Stato della Chiesa ha avuto nel passato, fino al 1870, una sua politica di alleanze e di guerre atta a mantenere la propria rilevanza politico-territoriale. Con il formarsi dell'Unità d'Italia, lo Stato della Chiesa perde la quasi totalità dei suoi territori, in quanto la presa di Roma del 1870 (Breccia di Porta Pia), ha segnato l'annessione dell’antico Stato Pontificio al Regno d'Italia. L’11 settembre 1929, con la sottoscrizione dei Patti Lateranensi, si conclude un processo, iniziato nel 1870, che porta ad un accordo tra il Regno di Italia e la Santa Sede, per l’istituzione della Città del Vaticano come stato indipendente. Nascerà lo Stato della Città del Vaticano, lontano erede dello Stato della Chiesa, in quanto quest’ultima ha ritenuto essenziale per la propria missione una base territoriale, per essere indipendente, senza condizionamenti di carattere politico o economico.


La Prima Parte del Novecento

Nel XIX secolo, ormai perduto il potere temporale, la Chiesa cambia radicalmente la propria politica estera. Se fino ad allora era uno Stato tra gli Stati, che cercava e gestiva alleanze politiche e militari, dal 1870 tende ad avere un legame speciale con quelle nazioni che si dicevano cattoliche, come Francia, Italia e Spagna.

La Prima guerra mondiale, scoppiata nel 1914, pone un importante problema alla politica della Chiesa in quanto i protagonisti della guerra sono Stati cattolici (Francia, Italia e Germania, quest’ultima in parte cattolica). La Chiesa deve quindi ripensare la propria politica estera verso una posizione di neutralità, che si esprimerà soprattutto con i pontificati di inizio ‘900. In seguito, con il diffondersi dei totalitarismi in Europa, la Chiesa è chiamata ad affermare la profonda antitesi tra questi e la fede cristiana. Con Pio XII, alla fine della Seconda Guerra mondiale, si sceglierà la strada del sostegno alle democrazie. In particolare, nei discorsi di Natale, del ‘42, ‘43, ‘44, che avevano anche dei risvolti di anticomunismo, si conferma la scelta della Santa Sede di alleanza con l’Occidente.


I Tre Papi Non Italiani

La morte, dopo soli 33 giorni di pontificato, di Papa Luciani e la successiva elezione di tre papi non italiani, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, porta ad una nuova visione della “politica estera” della Chiesa. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, papi europei, concentrano la loro attenzione sul nostro continente, e sulle difficoltà che un’epoca di secolarizzazione pone alla Chiesa Cattolica. Inoltre, sono pontificati che credono ancora in un'Europa protagonista nella storia del mondo, attraverso il ritorno alle sue antiche tradizioni culturali, ai suoi valori artistici e letterari, alle sue radici greco-romane e giudaico-cristiane.

Giovanni Paolo II, riprende la dottrina sociale della Chiesa e combatte una riduzione antropologica, in difesa della vita e dei diritti dell’uomo, tra cui la libertà religiosa. Egli è stato direttamente e indirettamente un attore che ha portato allo sfaldarsi del sistema sovietico. Avendo rimarcato la centralità dell’uomo in opposizione alle ideologie imperanti della seconda metà del Novecento, era riuscito a infliggere al sistema sovietico un duro colpo, fino al crollo del muro di Berlino nel 1989. Papa Wojtyla ha concepito l’Europa come un continente che deve respirare a due polmoni, Occidente e Oriente, mondo Latino e mondo Slavo.

Il pontificato di Benedetto ha ritrovato nella Ragione e nel suo uso adeguato, il fondamento per un possibile ritorno alla centralità dell’Europa. Una Ragione non in opposizione alla Fede, ma come strada ad essa, che renda possibile la conciliazione tra la laicità della vita politica e la libertà delle comunità religiose anche nella loro espressione pubblica.


Papa Francesco

Con papa Francesco, si inaugura una stagione completamente nuova, egli viene dal sud del continente americano e vede con più drammaticità la crisi dell’occidente, in particolare quella degli USA. Il luogo di origine di Papa Francesco, come nel caso degli altri papati, ha dato un’impronta indelebile alla sua impostazione comunicativa e di proiezione globale, soprattutto per quanto riguarda la visione geopolitica. Dopo la fine della politica bipolare dei tempi della guerra fredda, egli si è schierato apertamente per una visione multipolare, che guarda con interesse particolare alle nazioni e ai popoli fino ad ora considerati come “periferia del mondo”. Francesco ha tentato dunque di soffiare  un vento de-europeizzante, spostando il focus dell’attenzione mondiale, e del mondo cristiano in particolare, sui paesi del terzo mondo e su quelle realtà percepite come marginali. Questa visione multicentrica si è evidenziata nei suoi viaggi. Essa non ha ancora un disegno compiuto, ma rappresenta piuttosto un invito alle grandi potenze a considerare il futuro del mondo secondo una logica nuova: attenzione ai poveri, alle culture non valorizzate, a coloro che sono considerati “scartati”. Tutto ciò lo porta ad una visione polemica verso le espressioni nuove del capitalismo come il potere finanziario, quello tecnologico o quello comunicativo.


I Viaggi

Pochi mesi dopo essere stato eletto papa, l’8 luglio 2013, Bergoglio compie il primo viaggio a Lampedusa, utilizzando l’isola siciliana come fosse il perno di un compasso planetario. Inizia così una rotazione della politica estera del papato e Bergoglio inverte l’asse della sua diplomazia da nord ovest (Europa e Stati Uniti) verso sud est. Inedita e storica è stata la decisione di aprire la porta santa per il Giubileo straordinario del 2015 non a Roma, ma nella Repubblica Centrafricana. Bergoglio, consapevole dell’importanza dell’Africa nelle strategie della Chiesa, ha cominciato il suo 2023 con un viaggio nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan.

Giova precisare l’importanza non solamente geografica ma anche e soprattutto numerica del continente africano per la Chiesa. Infatti, secondo l’Annuarium Statisticum Ecclesiae, ovvero la statistica pubblicata annualmente che fornisce i dati sulle principali dinamiche della Chiesa cattolica nel mondo, il vecchio continente e l’Africa vivono due movimenti antitetici. Mentre fino al 2021, i cattolici europei pesavano il 21% del totale (i cattolici nel mondo sono 1.378 miliardi), i dati alla fine dello stesso anno parlano di un crollo al 18%. All’estremo opposto è la dinamica africana, dove si registra un incremento del 3,1% dei cattolici, che pesano il 19.5% del totale. Alla fine del 2021, i cattolici africani sono in numero superiori a quelli europei. Inoltre, osservando la classe dirigente della Chiesa, notiamo un calo globale dei sacerdoti, che crescono proporzionalmente, nel presente, solo in Asia e in Africa. Guardando i dati dei seminaristi, e quindi al futuro della classe dirigente della Chiesa, questi crescono solamente in Africa (3%).

Carta di Laura Canali per Limes - Rivista Italiana di Geopolitica, 2018
Carta di Laura Canali per Limes - Rivista Italiana di Geopolitica, 2018

In questa Chiesa che agisce nella diplomazia non utilizzando categorie di esplicito realismo politico, la diplomazia bergogliana è improntata al multilateralismo più che al bilateralismo, alla politica del dialogo con tutti e delle “porte aperte”. Se il cancelliere tedesco Otto von Bismarck aveva definito la politica come “arte del possibile”, qui potremmo definire la diplomazia come “arte della pazienza”, ma anche come artigianato della speranza. In questo “atlante della misericordia” non trovano posto la condanna e la visione manichea. Per Francesco occuparsi della politica internazionale significa accettare che la soluzione dei conflitti non giunga dividendo e polarizzando il mondo rigidamente tra chi è buono e chi è cattivo.

Proprio su questo tema si concentrano alcune delle principali critiche alla politica estera di papa Bergoglio che sembra volutamente ondivaga: nella condanna di muri e identità, non solo i riferimenti culturali e intellettuali diventano – per usare un eufemismo – variegati e spuri, ma le stesse categorie concettuali del cristianesimo diventano “slabbrate”, non più chiare e definitive. Il concetto di “fratellanza”, ad esempio, viene esteso a tal punto da includere non soltanto i fratelli di un unico Padre (“fratelli in Cristo”), ma l’umanità intera. Si legga per esempio il documento uscito dall’incontro con le comunità arabe ad Abu Dhabi nel 2019, dedicato alla “Fratellanza [non amicizia o solidarietà, ma proprio fratellanza] umana per la pace mondiale e la convivenza comune”.


L'Idea di Europa

Tra i vari temi emersi nei discorsi di Papa Francesco viene sottolineata una delle difficoltà dell’integrazione europea: la tensione tra il desiderio di unità e il desiderio di conservare la propria particolarità. Secondo Francesco l’Europa non può essere pensata in termini di pochi centri polari, in quanto le tensioni si verificano tra molteplici poli culturali, religiosi e politici. Quella di Francesco è una geopolitica europea non deterministica, opponendosi a una visione meccanica e rigida delle relazioni internazionali, consapevole del fatto che la redistribuzione della potenza fra attori principali non rende ragione delle dinamiche profonde del continente. L’Europa è sé stessa perché sa andare oltre sé stessa. La visione di Bergoglio è quindi profondamente legata al divenire, al superamento dialettico di muri e ostacoli. Se l’Europa considera sé stessa come uno “spazio” allora prima o poi verrà – ed è già venuto – il momento della paura e del timore che lo spazio sia invaso. Se invece l’Europa è da considerarsi come un processo in fieri allora si comprende come esso possa accettare e affrontare le sfide della storia.

Francesco, in un suo discorso a Strasburgo nel novembre del 2014, evidenzia la sua idea di Europa come “processo in corso”, citando Konrad Adenauer, che nel 1952 affermò:  “il futuro dell’Occidente non è tanto minacciato dalla tensione politica, quanto dal pericolo della massificazione, dell’uniformità del pensiero e del sentimento; in breve, da tutto il sistema di vita, dalla fuga dalla responsabilità, con l’unica preoccupazione per il proprio io”.

Discorso di Papa Francesco al Parlamento Europeo a Strasburgo il 25 novembre 2014
Discorso di Papa Francesco al Parlamento Europeo a Strasburgo il 25 novembre 2014

Il Papa, nel discorso tenuto al Parlamento Europeo il 25 novembre 2014, parla apertamente di un’Europa in crisi. Soprattutto, “si ha spesso la sensazione che sia in atto uno scollamento affettivo fra i cittadini e le istituzioni europee, sovente percepite lontane e non attente alle diverse sensibilità che costituiscono l’Unione”. Tuttavia, Bergoglio è consapevole che una Europa unita e solidale non sia di beneficio  solo a se stessa, ma al mondo intero. Se l'Europa si distacca dalla visione globale, non riconoscendo che il continente è parte di un sistema internazionale più ampio e interdipendente, si rischia di compiere un’operazione che può risultare egemonica o superficiale: si potrebbe pensare a un'Europa dominante e superiore agli altri, oppure cadere nell'illusione di poter essere autosufficiente.


L'Italia

Un altro aspetto interessante è il rapporto che il Vaticano ha con l’Italia. L’influenza che la presenza del Vaticano esercita sulla politica estera e interna è stata ed è tutt’ora considerevole.

La convivenza sullo stesso territorio di due distinti poteri rende l’Italia un paese unico nel suo genere. In questa convivenza, sancita e riconosciuta dall’articolo 7 della Costituzione che recita «Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale», la Chiesa cattolica è considerata una grande potenza, principalmente per la quantità di influenze e relazioni che la Curia intrattiene con i Paesi di tutto il mondo. 

Se è vero che in termini di politica interna la presenza del Vaticano nella penisola ha rappresentato un punto di riferimento, ad esempio, per le tematiche come il fine vita o i diritti civili. Sul piano della politica estera rappresenta una strada preferenziale sull'autostrada della mondialità. Il 29 ottobre 2021, un giorno prima del G20 tenutosi a Roma, Joe Biden è andato  in visita al Vaticano e le prime pagine dei giornali e l’attenzione dei mass media sono rivolte solamente all’incontro tra il presidente americano e Bergoglio. E il G20 diventa G2. Se non ci fosse il Papa, Roma non sarebbe certamente la quarta tappa obbligatoria (dopo Berlino, Parigi e Londra) di un presidente americano in visita in Europa.

L'allora Vice-Presidente Americano Joe Biden incontra Papa Francesco a Roma, Ottobre 2015
L'allora Vice-Presidente Americano Joe Biden incontra Papa Francesco a Roma, Ottobre 2015

Al nostro paese questa forzata, millenaria e impari convivenza con lo Stato del Vaticano, ha portato nei secoli vantaggi e svantaggi. In alcuni momenti essa si è fatta quasi simbiosi, in altri si è invece mutata in vivace contrapposizione.

La nostra politica nazionale finiva con l’essere influenzata dall’esterno, attraverso le decisioni prese e le posizioni assunte dal Vaticano; dall’interno, attraverso partiti che dovevano tenere conto degli orientamenti di quella Chiesa da cui ricevevano in cambio, soprattutto negli anni di decisa contrapposizione al comunismo, il più efficace supporto elettorale.

La politica estera italiana e quella del Vaticano hanno sempre proceduto, dalla nascita della Repubblica, quasi allineate. Basti pensare al caso di Yasser Arafat che nel 1982, allora capo dell'OLP (l’organizzazione per la liberazione della Palestina) pur essendo considerato un terrorista dagli USA e dall’Occidente, è andato in visita a Roma, invitato da Giulio Andreotti, presidente dell’Unione interparlamentare, e da Giovanni Paolo II, che si era fatto più volte interprete delle sofferenze e dei diritti del popolo palestinese. Oggi invece qualcosa sembra cambiare. Ad esempio, sul fenomeno migratorio le due politiche estere si stanno divaricando, per interessi legittimi e diversificati delle due parti. Da una parte un Paese come l’Italia senza una chiara strategia, che cerca invano di fermare i flussi migratori. Dall’altra il Pontefice che sottolinea l’importanza di tenere sempre aperte le porte ai popoli delle migrazioni. Questa differenza di approccio si inserisce nel quadro della crisi identitaria europea già evidenziata, in cui l’Europa in piena crisi identitaria sembra aver perso ciò che il primo ministro lussemburghese J. Bech, durante la stipulazione dei Trattati di Roma nel 1957, affermava: “La Cee vivrà e avrà successo soltanto se, durante la sua esistenza, resterà fedele allo spirito di solidarietà europea che l’ha creata”.  

Il quadro d’insieme della geopolitica di Francesco è dunque quello di una realtà non più eurocentrica o di stampo unipolare, ma multipolare e composita, in cui coesistono identità nazionali ed etniche.  Tuttavia, in un contesto così complesso e articolato, il rischio principale è quello di smarrire l’identità fondamentale che ha sempre caratterizzato la diplomazia vaticana e il suo ruolo nelle relazioni internazionali. Se questo nucleo identitario venisse perso, si rischierebbe anche di compromettere la capacità del Vaticano di contribuire efficacemente nel panorama geopolitico globale.  




Bibliografia

Ricci A., 2023, Dieci anni di geopolitica di Papa Francesco 


Spadaro A., 2023, L’atlante di Francesco, Marsilio Editori


Afriche contro Europe, 11 Novembre 2023, X Festival di Limes: Il fattore italiano nel mondo in guerra, Genova


Papa Francesco, 25 Novembre 2014, Discorso del Santo Padre Francesco al Parlamento Europeo


L’osservatore Romano, Annuarium Statisticum Ecclesiae, 3 marzo 2023


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