Il 1° ottobre è stato festeggiato il 93° anniversario della Costituzione dei Carristi dell’Esercito Italiano, specialità di cavalleria nata un decennio prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La celebrazione ha visto la partecipazione di diversi mezzi appartenuti all’E.I., partendo dagli iconici CV33 e M13/40, che presero parte (loro malgrado) al secondo conflitto mondiale, fino al MBT C-1 “Ariete”, spina dorsale dal 1995 delle nostre unità corazzate e figlio dei progetti degli anni 80’ del consorzio CIO (Consorzio Iveco OTO-Melara). L’età del mezzo (all’incirca 35 anni) e il recente finanziamento di 347 milioni di € (ripartito in tranche annuali di importi differenti nel prossimo decennio) per l’aggiornamento di circa 2/3 dei 200 mezzi attualmente in dotazione, offrono spunti di riflessione sulla sua efficienza in contesti bellici attuali, dove diventano sempre più frequenti scenari di guerra asimmetrica.
In questi scenari gli MBT esteri, di livello ben più superiore hanno rivelato numerose criticità dovute alla mancata previsione di tali contesti operativi. Rappresenta un esempio emblematico l’impiego recente dei Leopard 2 turchi in Siria: pur ritenuti i migliori MBT al mondo, numerosi carri sono andati perduti perché le corazzature non si sono rilevate sufficienti durante gli scontri ravvicinati (inferiori alla decina di metri) con fanteria armata di anticarro (come RPG). La maggiore frequenza di questo tipo di scontri e il sempre più ristretto combat range rendono evidente l’impreparazione degli MBT in questo tipo di contesti e la necessità di riflessioni in materia.
L’Ariete, stando a diversi esperti, è un mezzo caratterizzato da numerosi problemi causati dai lunghi tempi di sviluppo e soprattutto dalla generale inesperienza dell’industria nazionale in materia di Main Battle Tank, problematiche che lo rendono di livello inferiore rispetto agli altri MBT del resto del mondo.
Per citare alcuni punti critici: la corazzatura è più sottile degli altri MBT occidentali e russi e ha mostrato nel tempo difetti nelle bullonature che uniscono le diverse piastre; l’armamento è inferiore per volume di fuoco rispetto ai più moderni MBT NATO (monta un 120/44mm Oto-Melara mentre le moderne versioni del Leopard 2A7 tedesco montano il Rheinmetall 120/45mm); il sistema di ottiche per il capocarro e il cannoniere è obsoleto, mancano oltretutto i sistemi di protezione attiva come il TROPHY, capaci di annientare alcuni tipi di minacce (come RPG o proiettili HEAT) prima che possano colpire il veicolo; l’assenza di una corazzatura maggiorata per la riservetta di munizionamento situata nella torretta e soprattutto l’assenza di un portello balistico in grado di proteggere l’equipaggio nel caso questa prendesse fuoco rendono il mezzo potenzialmente mortale per i carristi in caso di colpi critici; la propulsione è affidata al V-12 FIAT da soli 1.270 CV (di contro il tedesco Leopard 2 ha a sua disposizione 1.500 CV), che oltre che limitare la velocità sul campo di battaglia gli impedisce di montare corazzature più pesanti e più protettive, che influirebbero eccessivamente sulla sua agilità. La lista di problemi prosegue, e solo ad alcuni il programma da 347 milioni di € riesce a mettere una piccola “toppa”, dato che i miglioramenti che apporterà riguarderanno solo mobilità, sorveglianza e scoperta, protezione passiva e sostenibilità logistica; quest’ultimo aspetto molto sentito all’interno del programma dell’E.I. di Protezione delle Forze e Capacità d’ingaggio, al fine di poter fornire un combat support adeguato alle unità di manovra che la componente corazzata si trova a supportare.
Cominciando dalla propulsione, il motore sarà sostituito dal moderno V-12 a iniezione Common Rail capace di erogare 1.500 CV, rendendolo così in grado di muoversi con agilità anche con l’aggiunta di corazzature aggiuntive (che si attendono da anni). In aggiunta, gli Ariete saranno dotati di nuovi cingoli più larghi degli attuali e capaci di permettere una mobilità maggiore in terreni deserti e nevosi. Il sistema di ottiche sarà aggiornato tramite l’installazione dell’ATTILA D per il capocarro e di una camera IR termica di 3° generazione TILDE per il cannoniere; i due saranno così in grado di uniformarsi agli altri MTB occidentali per standard di efficienza e visibilità.
L’aggiunta di questi sistemi e il miglioramento degli attuali tuttavia non è sufficiente per portare il MBT italiano al pari degli altri carri NATO, la scelta però è stata determinata da numerosi fattori di natura economica e strategica.
Se da un lato il costoso ammodernamento appare una scelta anti-economica, dall’altro l’acquisto di nuovi carri di produzione estera, scelta probabilmente più efficiente, non avrebbe determinato vantaggi tattici di lungo periodo in quanto tutte le alternative presenti sul mercato saranno, all’incirca nel giro di un lustro, sostituiti da modelli di nuova generazione. È il caso del Merkava israeliano (dal costo di 3,7 mln € l’uno), frutto di un progetto nato alla fine degli anni ’70 con la sua ultima versione risalente al 1995 (ha quindi gli stessi anni del MBT nostrano), oppure è il caso del Leopard 2 tedesco (4,7 mln € l’uno), seppur sia in produzione l’ultima sua versione, la A7, la Krauss-Maffei Wegmann (l’azienda produttrice) è già all’opera per lo sviluppo di un nuovo mezzo all’avanguardia.
La soluzione dell’acquisto di carri esteri inoltre non sarebbe sicuramente piaciuta all’industria pesante nazionale, che avrebbe potuto sentirsi seriamente minacciata dalla concorrenza internazionale. Tale minaccia, però, avrebbe permesso di comprendere l’impreparazione in campo di progettazione e costruzione di MBT e avrebbe potuto spingere l’industria nazionale verso la creazione di una partnership con le grandi industrie estere di MBT, come invocato anche dal Documento Programmatico Pluriennale della Difesa per il triennio 2020-2022. Tali collaborazioni portano spesso ad una netta riduzione dei costi di sviluppo, alla condivisione e acquisizione di conoscenze e inoltre, nel caso di partnership con aziende europee, permettono l’accesso incentivi economici tramite finanziamenti comunitari (negli ultimi anni l’Unione Europea ha creato un apposito fondo destinato allo sviluppo di un apparato di Difesa comune all’interno dell’Unione). Attualmente sono al vaglio due alternative: lo sviluppo di un MBT con Polonia e altri paesi UE oppure una partnership di lungo periodo con Israele, che con il MERKAVA ha mostrato di possedere le conoscenze necessarie e un’industria efficiente.
Insomma, si potrebbe assistere allo sviluppo di relazioni in linea a quelle nata in campo aereonautico, dove dagli anni 70’ le numerose relazioni internazionali create hanno permesso alla nostra industria aereonautica di partecipare attivamente alla produzione di aerei apprezzati in tutto il mondo per le loro capacità tecniche e tecnologie, come i Tornado e gli Euro-Fighter, apprezzamenti che oggi continuano con la partecipazione al programma F35 americano e allo sviluppo del caccia di seesta generazione “Tempest” (progetto di Leonardo con l’inglese BAE).
In campo MBT la storia di questo tipo di partnership è piuttosto complessa: solo poche collabrazioni sono “andate in porto”, e l’unico caso attuale di programma europeo è rappresentato dalla relazione tra la francese Nexter e la tedesca KMW, che seppur siano produttrici rispettivamente di mezzi estremamente efficienti e affidabili (riconosciuti tali da un enorme successo internazionale di esportazioni), hanno annunciato negli ultimi anni l’intenzione di sviluppare e produrre congiuntamente un “European Main Battle Tank” per il 2035. A questa relazione il nostro governo ha manifestato l’intenzione di partecipare attivamente fin dalle prime fasi (cruciali, siccome consistono nell’impostazione di tutte caratteristiche del carro, nella condivisione di informazioni e tecnologie strategiche e soprattutto nella ripartizione delle attività produttive), ottenendo come risposta la sola possibilità di accedere al programma solo nelle fasi successive (forse a causa dell’assenza di credibilità e dell’instabilità dell’apparato governativo), fasi che sono strategicamente irrilevanti e che ci rilegherebbero a semplici acquirenti di una piattaforma da personalizzare tra le alternative disponibili. La perdita di questa opportunità, l’isolamento e l’arretratezza che vive l’industria di MTB italiana rappresentano quindi il prezzo della caparbietà del nostro apparato governativo in ambito strategico e i motivi per cui la scelta di lavorare ancora sul C-1 rappresenta ad oggi l’unica via percorribile.
Il caso dell’F35 rappresenta un esempio: i diversi governi che si sono succeduti hanno sempre espresso pareri discordanti riguardo il progetto del Caccia Multiruolo Stealth, spesso supportati da dati incoerenti con le specifiche per cui il veicolo è stato progettato, cioè attività di supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e supremazia aerea. Alcuni parlamentari, apparentemente esperti in campo militare, hanno perfino proposto l’interruzione del programma argomentando che l’aereo non fosse in grado di reggere uno scontro con un moderno MIG russo, dimenticandosi che mentre il primo nasce per penetrare invisibilmente le linee nemiche e bombardare obiettivi strategici, il secondo invece nasce con il solo e unico scopo di abbattere aerei nemici in scontri 1VS1. La produzione di altri veicoli militari è invece fiorente: l’Autoblindo “Centauro” ha riscosso un discreto successo con vendite in Spagna, Oman e Giordania, mentre il LMV “Lince” ha avuto ancora più acquirenti internazionali: Regno Unito, Belgio, Albania, Russia, Spagna, Austria e Norvegia sono solo alcune.
Visto quanto detto, si può affermare con tranquillità che la situazione attuale dei corazzati medi da battaglia italiani è analoga a quella degli anni ’30 e ’40, ossia caratterizzata da arretratezza, impreparazione e dal generale rifiuto da parte di altri paesi per la produzione congiunta di un nuovo mezzo: la Storia dunque si ripete, e nel frattempo, finché non si riuscirà ad invertire questo trend negativo, si può solo provare ad ammodernare quel che si ha e sperare di non doverlo schierare attivamente in battaglia.
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